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LA DONNA DI GOVERNO 421
Sì, la voglio avvertire.

Baldissera.   Ah no! per carità.
Felicita. Per carità ch’io taccia? Sì facile non è.
La carità, fratello, dee principiar da me.
Se resta miserabile per voi la Valentina,
Se a lei giocate tutto, che farò io meschina?
Baldissera. Non temete di nulla; saprò il debito mio,
Felicita, vel giuro, giocar più non vogl’io.
Fate che Valentina mi sposi immantinente,
Vi sarò buon amico, vi sarò buon parente.
E se col vostro mezzo si viene a conclusione,
Io di trecento scudi vi fo l’obbligazione.
Felicita. La metterete in carta?
Baldissera.   Sì, di mia man firmata.
Felicita. Da un pubblico notare la voglio autenticata.
Baldissera. Fatta solennemente sarà, come volete.
Felicita. Ecco qui l’occorrente. L’obbligazion stendete.
(tira innanzi un piccolo tavolino con quel che occorre)
Baldissera. Subito fo il servizio.
Felicita.   Fatel come va fatto.
Baldissera. (Anche mille in tal caso gliene darei per patto).
(scrive a suo modo)
Felicita. (Nasca quel che sa nascere, più strologar non vo’.
Questi trecento scudi da parte io metterò.
E se qualche altra cosa mi riescirà avanzarmi,
Può essere ch’io trovi ancor da maritarmi). (da sè)
Baldissera. Che dirà Valentina?
Felicita.   Non vi saran litigi;
Anzi farà il notaro un viaggio e due servigi.
Se posso persuaderla sposarvi a dirittura,
Potrà del matrimonio stendere la scrittura.
Baldissera. Voi avete una testa acuta e sopraffina,
Degnissima sorella siete di Valentina.
Fate che si concludano le nozze in questo giorno.
Vado per il notaro, e quanto prima io torno. (parte)