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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1912, XV.djvu/49

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IL PADRE PER AMORE 41
Vengo a disingannarlo. Vengo s’egli ama, e teme,

Le sue, le mie ragioni a sostenere insieme.
Paolina. E se lo ritrovaste d’altra beltà invaghito?
Marianna. Del tradimento indegno lo ridurrei pentito.
Paolina. Come?
Marianna.   Come, mi chiedi? Tu sai qual esser soglio,
Allor che sostenere le mie ragioni io voglio.
Se abbandonai la patria, se ardii fuggir di mano
Agli avidi congiunti, non l’avrò fatto invano.
Or che il più ho cimentato, il meno che mi resta
È una misera vita, e arrischierò ancor questa.
Favola son del mondo, e di vedere aspetta
L’una e l’altra Sicilia da me la mia vendetta.
Paolina. Una cosa vuò dire, poi taccio ed ho finito:
Dubitate in Messina trovare altro marito?
Marianna. Non sai che al sangue illustre, da cui son derivata.
Troppo mal corrisponde la mia fortuna ingrata?
Che l’avolo paterno in Corte ha consumato
Il ricco patrimonio, ministro sfortunato?
E che a servir costretto il padre mio fra l’armi.
Morì senz’aver modo nemmen di collocarmi?
Lo zio, povero anch’egli, di me soffrì lo scherno,
Per ottener la grazia d’un misero governo.
Ed io che la mia sorte sperai veder cangiata.
Or sono all’interesse dal zio sacrificata.
Dove trovar potrei, in questo o in altro regno.
Del duca don Luigi sposo di me più degno?
Nato di sangue illustre, adorno di ricchezza,
Giovine che il talento accoppia alla bellezza.
Congiunto in parentela ai principi maggiori,
Che avrà dal suo sovrano le cariche migliori.
Ed io che per fortuna l’avvinsi ai lacci miei,
Cederlo sì vilmente, e perderlo dovrei?
Morir, morir più tosto, che ritornar meschina
Senza l’illustre sposo a riveder Messina.