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58 | ATTO TERZO |
Crescere la miraste saggia fanciulla onesta,
Foste di lei contento, e la fanciulla è questa.
Fernando. Oh della mia Isabella care luci leggiadre.
Mi toglierà il destino l’onor d’esservi padre?
Ah no, questo mio cuore troppo, idol mio, vi adora:
Figlia finor mi foste, vi sarò padre ancora.
Isabella. Ah, da sì gran bontade sentomi il cuore oppresso.
Placida. Oh tenerezza estrema!
Luigi. (Io son fuor di me stesso).
Fernando. Ma da qual sangue è nata figlia che ha sì bel cuore?
(a donna Placida)
Placida. Signore, a tal domanda principia il mio rossore:
Ma dalla bontà vostra tutto sperar mi lice.
Della cara Isabella son io la genitrice.
Isabella. O cara madre! (gettandosi al collo di donna Placida)
Placida. Ah figlia! (abbracciandola teneramente)
Luigi. (Ah, non trattengo il pianto).
Fernando. (Al tenero mio cuore qual prodigioso incanto?)
SCENA V.
Il Cavaliere Ansaldo e detti.
Ma la ragion pressante del mio venir mi scusa.
Questa mane vi chiesi...
Fernando. Ah Cavaliere ingrato!
Dov’è della mia sposa il foglio a me celato?
Cavaliere. Signor, del vostro cuore previdi il rio periglio;
A voi se lo nascosi, fu di pietà un consiglio.
Se l’altrui debolezza giunse a svelar l’arcano.
Ecco il foglio richiesto rimesso in vostra mano.
Fernando. (Sì ritira in disparte a leggere il foglio.)
Cavaliere. Duca, non vi lagnate, se vi farà arrossire
Cosa che dall’onore son spinto ad iscoprire.