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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1912, XV.djvu/98

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90 ATTO QUINTO

SCENA XVI.

Il Cavaliere Ansaldo e detti.

Cavaliere. Signore, il capitano, che a voi si raccomanda.

Giustizia all’onor suo pretende, e la domanda.
Opporsi è cosa ingiusta alle ragioni sue.
Fernando. Amico, il capitano qual è di questi due?
(facendogli vedere anche don Roberto)
Cavaliere. Che stravaganza è questa? (a Fabrizio)
Fabrizio.   Un colpo inaspettato.
Pasquale. Dall’Indie sulle spalle il diavol l’ha portato.
Cavaliere. (Discoperto è l’inganno. Oimè! qual confusione?)
Fernando. Cavalier, da par vostro vi par codest’azione?
Ah, così deturpate il sangue onde nasceste?
Quai perfide calunnie, quai macchine son queste?
Giunger fino all’eccesso, che un falso genitore
Rechi a figlia innocente perpetuo disonore?
Nutrir potete in seno sì orridi sentimenti?
Cavaliere. Ah consiglier ribaldo d’inganni e tradimenti.
(a Fabrizio)
Fabrizio. (Ecco i cento ducati che il Cavalier ci dà).
(a Pasquale)
Pasquale. (Fabrizio, ti regalo anche la mia metà).

SCENA XVI.

Il Tenente della guardia, Beltrame e detti; poi vari Soldati.

Beltrame. Ecco il signor tenente.

Tenente.   Sono agli ordmi vostri.
Pasquale. (Or ci daran la paga per i meriti nostri).
Fernando. Quel servitore indegno, quel finto capitano,
Da voi sian consegnati al criminale in mano.
Il Cavalier s’arresti, e in un castel sen vada.
Cavaliere. Tal onta ad un mio pari?
Tenente.   Cedetemi la spada.