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54 | ATTO TERZO |
Vi goderete in pace il ben che il ciel vi ha dato,
E l’economo vostro sarà vostro cognato.
Livia. Conte, pensar dovete che il ciel vi ha provveduto.
Per conservare i beni, di un necessario aiuto.
Meglio del sangue vostro trovar non isperate.
Felice voi, fratello, di lui se vi fidate.
Conte. Da ciò non son lontano; ma vuole ogni ragione,
Che di aderir sospenda a tal proposizione.
Vorrei, prima di farlo, essere illuminato.
Emilio. Volete ch’io vi mandi quel celebre avvocato?
Conte. Mi farete piacere.
Emilio. Subito immantinente.
Pensate ch’io vi parlo da amico e da parente.
Procuro il vostro bene, non già gli utili miei.
Approfittar d’un soldo io mi vergognerei.
Non sono in questo caso; sono un uomo d’onore:
Quel che per voi m’impegna, non è interesse, è amore.
(parte)
Livia. Se dubitar poteste di lui quel che non è,
Fareste un grave torto a don Emilio e a me.
Siamo di un sangue istesso; per legge di natura
Vi ama la suora vostra, e il vostro ben procura. (parte)
SCENA IV.
Il Conte Orazio, poi un Servitore.
Non fa ch’io non nudrisca di lor qualche sospetto.
Sì, conosco me stesso, e credo che non sia
Inutile il consiglio d’onesta economia.
È mio sincero amico quel che il mio ben procura;
Ma che per lor non pensino quei due, chi mi assicura?
Chi sa che non procurino vedermi vincolato,
Per rendere col tempo migliore il loro stato?