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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1913, XVII.djvu/167

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PAMELA MARITATA 157


mi voglia esser nemico. Sarà mio, benchè da se mi discacci, sarò sua, benchè mi abbandoni; e morendo ancora, porterò costantemente al sepolcro quella dolce catena, che mi ha seco lui perpetuamente legata.

Miledi. La vostra ostinazione moltiplica le vostre colpe.

Pamela. La vostra diffidenza oltraggia la mia onestà.

Miledi. Siete venuta a contendere, o a raccomandarvi?

Pamela. Mi raccomando, se mi credete innocente. Mi difendo, se rea volete suppormi.

Miledi. Pensate meglio a voi stessa, e non irritate il vostro destino.

Pamela. Il destino mi può volere infelice, ma non potrà macchiare la purità del mio cuore.

Miledi. Il vostro cuore occulta l’infedeltà sotto la maschera dell’orgoglio.

Pamela. Ah1 verrà un giorno, in cui queste vostre mal fondate espressioni vi faranno forse arrossire.

Miledi. Orsù, non ho più animo per tollerarvi.

Pamela. Partirò per non maggiormente irritarvi.

Ernold. No, trattenetevi ancora un poco. Miledi, qualche cosa abbiamo da far per lei.

Miledi. Ella non merita che di essere abbandonata. Un errore si compatisce; l’ostinazion si condanna. (parte)

SCENA XI.

Pamela e il Cavaliere Ernold.

Pamela. (Eco l’effetto delle insinuazioni di Jevre). (da se)

Ernold. (Non son chi sono, se non la riduco umile come un’agnella). (da sè)

Pamela. (Sarà meglio ch’io mi ritiri, a piangere da me sola le mie sventure). (da sè, in atto di partire)

Ernold. Fermatevi; non partite.

Pamela. Che pretendete da me?

  1. Ed. cit.: Ah sì