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Pasqualino. Per queste preminenze sempre vi è da strillare.

Signore mie carissime, pensate a guadagnare.
Non siete ancor sicure d’aver questa fortuna,
E vuole il primo posto pretender ciascheduna?
Tonina. De mi, sior Pasqualin, el gh’ha una gran premura;
Me conseggieu che vaga per ultima fegura? (a Pasq.)
Pasqualino. Parlato ho a tutte due con debita onestà;
Ma la signora Annina è tenera d’età.
Quando verremo al caso, vi cederà, io credo.
Annina. Oh, me an ced a nissun.
Tonina.   Gnanca mi non ve cedo.
Maccario. Per dirla, quei poeti che scrivon per la scena,
O non sanno, o non vogliono pigliarsi un po’ di pena.
Per altro far si possono due parti principali.
Per cui siano le donne perfettamente eguali.
Quando andremo alle Smirne, un libro io vi farò,
Con cui a questi tali scrivere insegnerò.
Il modo facilissimo trovar non mi confondo;
Una escirà il prim’atto, e l’altra nel secondo;
Nel terzo tutte due, e il popol, che non sa
Chi sia la prima donna, distinguer non saprà.
Pasqualino. E, se fosser cinque atti?
Maccario.   Farei l’egual comparto.
Una nel primo e terzo, l’altra il secondo e il quarto.
Tonina. Ma ste do donne in scena mai le s’incontrerà.
Maccario. Così staranno meglio in pace e sanità.

SCENA III.

Carluccio e detti.

Carluccio. Schiavo di lor signori. Madama Zuecchina. (a Ton.)

Buon giorno. Vi saluto, madama Mistocchina. (ad Ann.)
Annina. Anneina l’è al mi nom.
Tonina.   E mi Tonina ho nome.
Carluccio. Eh, tutti noi per solito abbiamo un soprannome.