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GL'INNAMORATI 73


nevole per conoscere da se stessa i trasporti della passione. Sono stato io più debole e più mentecatto di lei, doveva conoscere il peso delle sue parole, compatirla, e dissimulare. La collera mi ha trasportato. Ella non mi ha sforzato a insultar mia cognata; sono stato io l’incauto, il malaccorto, il furente. Eugenia mi ama, ed è per amore gelosa.

Eugenia. Io non sono gelosa di vostra cognata.

Fulgenzio. Lo so; è uno sdegno da voi concepito per timore di non essere preferita; ma, cara Eugenia, disingannatevi; vi amo e vi stimo sopra tutte le cose di questo mondo.

Flamminia. (Parla in una maniera, che farebbe intenerire i sassi. Possibile ch’ella voglia essere così caparbia?)

Eugenia. Se conoscete dunque il motivo delle mie inquietudini, perchè non cercate la via di rendermi consolata? (a Fulgenzio)

Fulgenzio. Sì, cara, vi chiedo scusa della poca attenzione che avessi avuta per voi; cercherò in avvenire di meglio meritarmi l’affetto vostro; e spero vicino il tempo di potervi dare la più vera testimonianza dell’amor mio.

Eugenia. Sarebbe tempo che il mio cuor respirasse.

Flamminia. Abbiate giudizio. Se siete in pace, sappiateci stare.

Fulgenzio. Eugenia carissima, voi mi avete da accordare una grazia.

Eugenia. Non siete voi padrone di comandarmi?

Fulgenzio. Me l’avete da far con buon animo.

Eugenia. Se non desidero che compiacervi.

Fulgenzio. Mi avete a permettere, ch’io possa ricondurre mia cognata alla propria casa.

Eugenia. Se qui l’ha condotta il signor zio, perchè non può egli restituirla dove l’ha presa?

Fulgenzio. Il signor Fabrizio è sdegnato; non si lascia vedere; e poi aspettasi mio fratello, e non ho piacere che trovi in casa degli sconcerti.

Eugenia. Sì, sì, avete ragione. Accompagnatela pure. (dissimulando)

Fulgenzio. Me lo dite di cuore?

Eugenia. Anzi.