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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1914, XIX.djvu/123

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LE AVVENTURE DELLA VILLEGGIATURA 113


Ferdinando. E il dottorino in erba non si è veduto?

Costanza. Non ancora.

Ferdinando. Gran bel capo d’opera è quel ragazzo! Ma, oh diavolo! non mi ricordava ch’è l’idolo della signora Rosina. Scusatemi, signora, voi siete una giovane che ha del talento; non credo che la parzialità vi possa dare ad intendere, ch’egli sia spiritoso.

Rosina. Io non dico che abbia molto spirito; ma non mi pare che sia da porre in ridicolo.

Ferdinando. No, no, ha il suo merito, è di buona grazia. (Il secondare non costa niente).

Costanza. Signor Ferdinando, volete che vi faccia fare il caffè?

Ferdinando. Obbligatissimo. La mattina non lo prendo mai.

Costanza. Avrete preso la cioccolata.

Ferdinando. Sì, una pessima cioccolata.

Costanza. E dove l’avete avuta così cattiva?

Ferdinando. Dove sto, dal signor Filippo. Un uomo che spende assai, che spende quello che può e quello che non può, ed è pessimamente servito.

Rosina. Oggi siamo invitate a pranzo da lui.

Ferdinando. Sì, vedrete della robaccia; della roba, se siamo in dodici, bastante per ventiquattro, ma senza gusto, senza delicatezza: carnaccia, piatti ricolmi, montagne di roba mal cotta, mal condita, tutta grasso, carica di spezierie; roba che sazia a vederla, e non s’ha un piacere al mondo a mangiarla.

Costanza. Per dir la verità, ieri sera dal signor Leonardo ci hanno dato una cena molto polita.

Ferdinando. Sì, polita se voi volete. Ma niente di raro.

Costanza. C’erano de’ beccafichi sontuosi.

Ferdinando. Ma quanti erano? Io non credo che arrivassero a otto beccafichi per ciascheduno.

Rosina. Io mi sono divertita bene col tonno.

Ferdinando. Oibò! era condito con dell’olio cattivo. Quando non è olio di Lucca del più perfetto, io non lo posso soffrire.

Rosina. Oh! vedete chi viene, signora zia?