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222 | ATTO TERZO |
Marianna. Dite la verità: avreste in animo di farle sapere quel che vi ho detto?
Milord. No, non tradirò il segreto: non vi paleserò certamente; ma coi lumi che ho da voi ricevuti, se mi riuscirà che da se stessa si scopra, può essere che da un solo colloquio ne derivi la nostra comune felicità.
Marianna. Signore, io non vi consiglio per ora....
Milord. E perchè?
Marianna. Perchè, perchè.... Basta, la padrona è più del solito sconcertata. (Non gli vo’ dir nulla di miledi Alton. Ho fatto male a parlar una volta; non vorrei la seconda far peggio).
Milord. Ho qualche cosa da dirle, che potrebbe forse rasserenarla.
Marianna. Il ciel volesse; ma non lo credo.
Milord. Avvisatela.
Marianna. Non ardisco.
Milord. Non fate che la vostra apprensione sia dannosa agl’interessi della vostra padrona. I momenti sono preziosi. Se arriva gente, è finita. Credetemi che può perder molto, se non mi ascolta.
Marianna. Non so che dire. Anderò ad avvertirla, e cercherò anche di persuaderla. (Già in rovina ci siamo: che cosa ci può accadere di peggio?) (parte)
SCENA VII.
Milord solo.
Se non parliamo liberamente, continuerà ella ad odiarmi, ed io non potrò sperare d’aver pace. Non so se ancor viva l’infelice suo genitore. Bramo da lei saperlo. Mi conterrò per altro con tal cautela, da non esporre a’ suoi sdegni l’amorosa sua cameriera. Un uomo ch’è prevenuto, può valersi dell’artifizio per isvellere da una donna un segreto.