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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1914, XIX.djvu/233

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LA SCOZZESE 221

Fabrizio. Sì, signor, lo conosco. Viene qui da noi qualche volta.

Conte. Viene da voi? Per qual fine?

Fabrizio. Vi dirò: è l’unica persona, cui ammette alla sua conversazione la forestiera che abita in quelle stanze.

Conte. (Ah! destino, dove mi hai tu condotto?)

Fabrizio. Per altro lo riceve sì onestamente....

Conte. Andiamo. Avvertite ch’io non voglio veder nessuno.

Fabrizio. Per conto mio non temete.

Conte. A milord Murrai non diceste mai, che fu da me nominato.

Fabrizio. Non vi è pericolo.

Conte. (Ah! l’occasione potrebbe farmi precipitare). Vien qualcheduno. Partiamo. (parte con Fabrizio)

SCENA VI.

Marianna, poi Milord Murrai.

Marianna. Fabrizio ha dell’amore per noi; ma si è scordato che siamo al mondo. Non si vede ne egli, ne alcuno della famiglia a portar il pranzo. La padrona non ci pensa; ma io ci penso. Vo’ un po’ vedere in cucina.... Oh diamine! un altro imbroglio. Ecco qui Milord. A quest’ora? Questa è la giornata delle stravaganze.

Milord. (No, non mi soffre il cuore di abbandonarla. O vo’ morire dinanzi a lei, o ch’ella mi ridoni la grazia sua. Finalmente qual colpa ho io nella condotta del mio genitore?)

Marianna. (O è cieco, o finge di non vedermi).

Milord. Ardir, mio cuore.... Voi qui, Marianna?

Marianna. Sì, signore. Non mi avevate veduta?

Milord. No certo. (Il mio dolore mi trae fuor di me stesso).

Marianna. Volete voi parlare alla mia padrona?

Milord. Sì, lo bramerei, s’ella mei concedesse.

Marianna. Lo sapete: ella non vi riceve mai sola. E a quest’ora io credo che le genti di casa sian ite a pranzo.

Milord. Per questa volta almeno, ditele che mi conceda di favellarle colla sola vostra presenza.