Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1914, XIX.djvu/265

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Eugenia è Lindane, il conte di Renolf è lord Monrose, il barone di Bellifeld è lord Murrai, la contessa di Albrich è lady Alton, Roberto «negoziante viniziano» vuol esser Freeport, Gaudenzio è Fabrice, M. Bavard «maestro di lingue» è Frélon, Eufemia è Polly, Vismare «ufficiale» è il Messager d’Etat»: soltanto Arlecchino appartiene di diritto al Chiari. L’azione si svolge a Pietroburgo. Trattasi d’un assurdo rinfantocciamento. Nella pref. l’abate ripeteva con piccole alterazioni cose a noi notissime: «Intitolata ella si è La Bella Pellegrina, perocchè io la trassi dal mio Romanzo di questo nome, e siccome l’azione favolosa del Romanzo medesimo l’avevo tratta in parte da una Commedia Francese intitolata La Scozzese, che fu l’anno medesimo tradotta, e a senno suo riformata dal Sig. Dottor Goldoni, così non mancò chi la credesse una cosa medesima, benchè queste due commedie sieno elleno per gran modo diverse. Mi faccia ragione il mondo erudito, che l’avrà adesso sotto degli occhi. Ad onta di questo suo pregiudizio la Commedia piacque, e per più sere riempì un teatro vastissimo».

Nella Scozzese recitata sul teatro di S. Samuele dalla compagnia Sacchi, a breve distanza dal Corvo di Carlo Gozzi, nient’altro che questo sa dire l’autor delle Fiabe nell’Appendice al Ragionamento ingenuo: «La Scozzese, regolata dal Sig. Volter, tradotta fedelmente non piacque agl’italiani. La Scozzese accresciuta dal Sig. Goldoni col riflesso al genio italiano, piacque moltissimo» (Opere edite ed ined., t. V, p. 4). Ma il Giornale Enciclopedico, redatto da Domenico Caminer, annunciando nel settembre 1775 il t. XIIIdell’ed. Pasquali delle commedie di Goldoni e rifacendo il solito racconto delle vane vicende della Scozzese a Venezia, ci offre il nome del traduttore italiano: «Niuno conobbe più del Goldoni il genio italiano nelle cose teatrali. Il Caffè o la Scozzese, sia originale, o tradotta solamente dal Sig. di Voltaire, fu tradotta ad litteram dal chiar. Sig. Conte Gasparo Gozzi; ebbe due rappresentazioni. Il Sig. Ab. P. Chiari ce la diede col titolo cambiato ecc.». È inutile riferire il resto.

Si afferma senz’altra prova nel Teatro moderno applaudito (Venezia, t. XXXV, 1799) che l’Ecossaise, appena comparve nel 1760, si vide «subito allora frettolosamente tradotta nel nostro idioma»; e Gianfrancesco Sommi Picenardi pensò che la prima versione italiana fosse quella «fattane a Genova, tra un amorazzo e l’altro, dal Casanova per la compagnia comica dell’attore Rossi» (Un rivale del Goldoni - L’ab. Chiari, Milano, 1902, p. 85). Molti anni dopo, nel 1780, l’avventuriere veneziano ebbe a parlare in un giornaletto teatrale (Le Messager de Thalie) delle recite che nella stagione autunnale faceva a Venezia la compagnia dei Comici Francesi nel teatro di S. Angelo: «Nell’Ecossaise la Clairmonde fece piangere. Io ho letto questa commedia per la prima volta a Berna; la giudicai mediocre e Voltaire lo seppe. Sei mesi dopo l’udii rappresentata a Parigi, l’illusione mi trascinò e mi piacque: tanto che, tradottala, la feci rappresentare a Genova con grande successo» (A. Ravà, Contributo alla bibliografia di G. Casanova, estr. dal Giorn. Stor. Lett. it., Torino, 1910, p. 12). Raccontò poi nelle Memorie che la commedia ebbe a Genova nel 1760 cinque recite di seguito, con un pienissimo teatro; ma la traduzione fu stimata cattiva dal Voltaire, a cui l’avventuriere giurò da allora, come confessa, odio mortale. Non sappiamo se l’attore Pietro Rossi, abile nel