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IL BUON COMPATRIOTTO 375

Costanza. Ha da vegnir anca un so fradello...

Traccagnino. (Dice che sicuramente ha da stare in quella casa anche lui.)

Costanza. Eh, per vu v’ho parecchià un lettesin in spazzacusina, e bisognerà che stè come che podè. (a Traccagnino)

Traccagnino. (Che in spazzacucina non ci vuole stare, che vuole una buona camera.)

Costanza. Certo! Anderò a intrigar una camera per un tocco de servitor?

Traccagnino. (Va in collera, perchè gli dice servitore.)

Rosina. (Zitto, patriotto, per amor del cielo). (a Traccagnino)

Ridolfo. Con permissione della signora Costanza, vado per un affare, e ritornerò quanto prima.

Costanza. Dove valo, patron?

Ridolfo. A consegnar questa lettera ad un mercante, perchè me la spedisca sicura.

Costanza. Tomeralo presto?

Ridolfo. Prestissimo.

Costanza. La s’arecorda che me preme fenirghe quel discorsetto.

Ridolfo. Preme anche a me moltissimo. Or ora ci rivedremo. Servo di lor signore. (Ho una curiosità ardentissima di rintracciare Isabella). (parte)

SCENA VIII.

Costanza, Rosina e Traccagnino.

Rosina. (Me par, da quel che vedo, che tra de lori i se l’intenda pulito).

Costanza. Se la vol restar servida, la vegna con mi, che la vederà la so camera.

Rosina. Verrò fra poco. (Mi permetta ch’io dica qualche cosa a quello sciocco del mio servitore). (piano a Costanza)

Costanza. (E so fradello quando l’aspettela? ) (a Rosina)

Rosina. (Verrà a momenti, e subito che verrà mio fratello, le leverò l’incomodo).

Costanza. (Sì, perchè l’ha sentio, che sior Ridolfo no vorave nissun).