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128 ATTO PRIMO


stato. Il partito di un uffiziale, cadetto di sua famiglia, si reputa qui da noi per un partito disperatissimo, e se mio padre inclinasse per se medesimo ad accordarlo, si farebbe una soggezione mortale dei parenti, degli amici e della nazione medesima.

Cotterie. Ma io non posso lusingarmi di migliorar condizione.

Giannina. Possono combinarsi col tempo delle circostanze a noi favorevoli.

Cotterie. Ponete fra queste la morte di vostro padre?

Giannina. Il ciel la tenga lontana; ma in tal caso sarei padrona di me medesima.

Cotterie. E volete ch’io resti in casa sua fin ch’ei vive?

Giannina. No, caro tenente, stateci fin che la convenienza il comporta. Ma non vi mostrate ansioso d’andarvene, quando avete delle buone ragioni per rimanere. Io non ispero unicamente la mia felicità dalla morte del mio genitore, ma ho motivo di lusingarmi dell’amor suo. Quest’amore convien coltivarlo, ed ogni opera esige tempo.

Cotterie. Adorata Giannina, quanto mai son tenuto alla vostra bontà! Disponete di me, che ne avete l’arbitrio intero. Non partirò, se voi medesima non mi direte ch’io parta. Persuadete voi il genitore a soffrirmi, ed assicuratevi, che niuna situazione al mondo può essermi più favorevole e più gradita.

Giannina. Di una sola cosa vorrei pregarvi.

Cotterie. Non mi potete voi comandare?

Giannina. Compatite un difetto mio, che non è stravagante in chi ama. Vi supplico non volermi dare motivi di gelosia.

Cotterie. Sarebbe mai possibile, ch’io cadessi in una simile trascuratezza?

Giannina. Vi dirò: madamigella Costanza frequenta più del solito da qualche giorno la nostra casa. Ella vi guarda assai di buon occhio, e vi compassiona un po’ troppo. Voi siete per costume gentile, ed io qualche volta, confesso la verità, ci patisco.

Cotterie. Userò in avvenire le più rigorose cautele, perchè ella non si lusinghi, e perchè voi viviate contenta.