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innanzi una commemorazione del Giacosa e parole d’occasione dette dallo stesso Rossi. Ricorda il Boutet: «Io lo rivedo in quella sera di commemorazione goldoniana al Teatro Valle. Aveva indossato la più ricamata e autentica giamberga settecento, e con quale tremolio nella voce, egli si avanzò verso il busto di Goldoni, in una gloria di lauri e di fiori, ed esclamò: — Nessuno più di noi artisti comici può sentire la reverenza e l’omaggio che si debbono al genio di Carlo Goldoni, che non solo riformò e fu padre della commedia italiana, ma riformò e fu maestro dei suoi interpreti modesti... — Pareva che egli sciogliesse il voto in quell’istante: si inchinavano Don Marzio, Qeronte, Filiberto, Il conte di Roccamarina e.... Carlo Goldoni, bonario, ascoltava» (Cesare Rossi, La Nuova Rassegna, Roma, 1894, p. 183). Descrisse con calda parola la bella festa anche Enrico Montecorboli (Le centenaire de G. en Italie. La nouvelle revue 15 febbr. 1893, p. 839). Il discorso del Rossi, un suo ritratto [Filiberto che legge la lettera], e i particolari della serata si trovano in Centenario in onore di C. G. (Roma, Ferino, 1893). Tragica combinazione volle che Cesare Rossi morisse il giorno in cui a Bari doveva recitare anche una volta la gloriosa commedia (1 novembre 1898; Rasi, voi. II, p. 441). Oggi ancora il pubblico accorre come a una festa al Curioso accidente se artisti quali Ermete Novelh, Emilio Zago, Alfredo De Sanctis, Ugo Piperno l’annunciano.» Poche volte avevo visto — scrive d’una di queste recite Eugenio Checchi — una sala di spettacolo più affollata, un pubblico più lieto e plaudente, un entusiasmo più schietto. Il protagonista della commedia era Ermete Novelli... attore insuperabile tutte le volte che, memore delle prime origini della sua fama.... ritorna alle schiette manifestazioni dell’arte goldoniana, vale a dire alla ricerca e al trionfo della verità» (Risveglio goldoniano, Fanfulla della domenica, 7 giugno 1908). Nelle rappresentazioni di Cesare Rossi l’ambiente olandese della commedia restava lettera morta (Rasi, Per la interpretazione dell’opera goldoniana. Il Marzocco, 25 febbr. 1913). A Ermete Novelli e ad Alfredo De Sanctis, pure fine ed acclamato Filiberto, si da lode di aver rispettato anche questo non trascurabile coefficiente d’una perfetta esecuzione (Oliva, op. cit., p. 22; Gazzetta di Venezia, 14 genn. 1911). Emilio Zago recita la commedia in un rifacimento veneziano, di cui si dice bene, com’è assai apprezzata la sua interpretazione fatta di verità (Piccolo, Trieste, 30 agosto 1907). Fra le molte dannine che gabbarono l’ottimo Filiberto più che sicure del suo perdono, non vanno dimenticate Carlotta Marchionni (Righetti, Studj sull’arte drammatica, Torino, 1834, vol. II, p. 146), Graziosa Glech (A. Vitti, C. G., ricordata da un compagno d’arte. Scena di prosa, 16 sett., 1910), e quella Teresa Fini, cantata dal Tommaseo, del cui breve ma fulgido cammino drammatico decise proprio questa commedia, da lei eseguita a Legnago in mezzo a poveri guitti, ma presenti Anna Pellandi e Paolo Belli-Blanes (Rasi, vol. I, p. 887). Notiamo ancora, non tra i fasti dei nostri comici, che il Curioso accidente, ai bei giorni in cui si mutavano ad arbitrio i titoli, fu ribattezzato in Padre burlato (Carletta [Antonio Valeri], La Compagnia Reale Sarda, La nuova rassegna, Roma, 1893, p. 395).

Prolissa quanto l’enumerazione pur di sole recite per un riguardo o l’altro notevoli sarebbe la serie di Scelte, indigene e straniere, di ristampe a scopo didattico, di Antologie con riproduzioni integre o parziali. Solo tra le edizioni