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248 ATTO TERZO

Alessandro. Qual altro ostacolo può frapporsi alle nostre nozze?

Giulia. Vi potrebbe essere una picciola difficoltà.

Alessandro. E quale mai?

Giulia. Che, per esempio, donna Aurelia fosse ritornata in se stessa, che comprendesse non convenirle un tal maritaggio, e che vi supplicasse di abbandonare l’idea che avete sopra di lei concepita.

Alessandro. Ah! donna Giulia, voi vi date ad immaginar lo impossibile. Donna Aurelia mi adora, per me si strugge, non vive che per amarmi, e non si nutre che colla speranza di possedermi.

Giulia. Conoscete voi il carattere di donna Aurelia?

Alessandro. Ella è di un carattere il più onesto, il più fedele, il più amoroso del mondo.

Giulia. Io non parlo del carattere della persona. Dico, se conoscete il carattere della sua mano.

Alessandro. Sì, ho delle lettere di sua mano, lo conosco perfettamente.

Giulia. Leggete dunque, e disingannatevi. (gli dà un viglietto)

Alessandro. Oimè! tremo, palpito, che sarà mai? Don Alessandro. Ho pensato alle circostanze del vostro stato e del mio. Voi avete degl’impegni da mantenere. Io non voglio espormi a disgrazie. Perciò vi supplico di scordarvi di me, avendo io già proposto e risolto di dimenticarmi di voi. (gli va mancando il fiato, e poi rimane ammutolito.)

Giulia. Siete ora convinto?

Alessandro. No, non lo sono. Aurelia non può scrivere in cotal modo. Non nutre così barbari sentimenti un cuor amabile, un cuor sincero. Il carattere non può essere, e non sarà di sua mano.

Giulia. Ardirete di dire, ch’io macchini un’impostura?

Alessandro. Ve lo proverò col confronto. Ho degli altri fogli della mia bella, ne sarete or or persuasa. Vedremo ora s’ella abbia scritto, (cerca dei fogli in tasca, e gli esce quello di donna Giulia)

Giulia. Come! (strappandogli la lettera di mano) Volete voi confrontarla col mio carattere, temendo forse ch’io abbia scritto