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282 ATTO PRIMO


tollerar le disgrazie, ma non abbiamo da procurarcele da noi stessi. La pietà che ha di noi Camilla, è una provvidenza; e noi saremmo ingrati alla provvidenza, abusandoci de’ suoi benefici.

Pantalone. E se Camilla per causa nostra perdesse la sua fortuna?

Clarice. Ella non può mai perdere la sua fortuna per far del bene. Se Arlecchino è nemico delle opere buone, non le può essere che un cattivo marito; e la perdita di un cattivo marito è il maggior guadagno che possa fare una donna.

Pantalone. Mo che massime! mo che pensar! che talento! che talento da Seneca, da Demostene, da Ciceroni Ma a proposito de mario, dime la verità, Clarice, se el cielo te mandasse una bona fortuna, averessistu piaser de maridarte?

Clarice. Signore, tornerò a dirvi quel ch’ho detto poc’anzi. Le fortune non si ricusano.

Pantalone. Possibile che qualche signor de merito no s’innamora della to virtù?

Clarice. Caro signor padre, voi credete ch’io sia virtuosa, ed ho timore che v’inganniate. L’amore ch’io ho per le lettere, non è virtù che basti per dar credito ad una donna. Sono necessarie le virtù dell’animo: di queste sono meschinamente fornita, e non mi lusingo di meritare fortuna.

Pantalone. Cossa distu? Ti gh’ha tutto, ti meriti tutto, e la to modestia xe la corona dei to meriti e delle to virtù.

Clarice. In verità voi mi fate arrossire.

Pantalone. Quei pochi italiani che qualche volta ne favorisse, i xe incantai, no i se sazia mai de lodarte.

Clarice. Sono pieni di bontà e di politezza.

Pantalone. Cossa distu de lori? Cossa te par? Sali gnente? Gh’ali del merito? Ti ti li cognosserà più de mi.

Clarice. In un mese che ho l’onor di trattarli, poco si può rilevare; pure, se ho da dirvi il mio sentimento, vi dirò come penso di loro, li signor Celio è manieroso, è gentile, ma mi pare un poco troppo vivace. Il signor Silvio ha uno spirito più regolato, ma è troppo serioso. Il signor Florindo sa qualche cosa, ma ha troppa presunzione di se stesso, ed il signor Petronio