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L’AMORE PATERNO 285

Clarice. Voi dite benissimo. Ogni nazione ha il suo gusto particolare, e quello de’ francesi è il più difficile, è il più delicato di tutti. Io non sono qui per farmi merito, nè per far fortuna; mi basta di essere compatita.

Arlecchino. No i la compatirà.

Clarice. Non mi compatiranno? E perchè?

Arlecchino. Perchè i dirà: qua semo in Franza, e se no savè el gusto de Franza, dovevi restar in Italia.

Clarice. Voi non mi metterete per questo in disperazione. Non sono qui venuta di mia volontà. Mi ha condotto mio padre, ma ci son venuta col maggior piacere del mondo, per vedere e godere la più bella metropoli dell’universo; è poco ch’io sono qui, ma ho ricevuto finora tante finezze, che sono contentissima d’esser venuta. La cortesia de’ signori francesi è nota e commendata per tutto. Trovo io medesima più di quello ancora, che mi è stato promesso. E se il mio scarso talento non mi può mettere in istato di acquistar lode, la buona volontà non può mai essere biasimata, e son certa, certissima, di essere almen compatita. (parte)

SCENA VII.

Pantalone e Arlecchino.

Pantalone. Tolè, sior, respondèghe se gh’avè coraggio.

Arlecchino. E cussì, tornando sul nostro proposito, quando èla de partenza, sior Pantalon?

Pantalone. Ma vu sè qua sul medesimo ton.

Arlecchino. L’è che vorria saverlo, per esser pronto a servirlo, se el gh’ha bisogno de qualche cossa.

Pantalone. Ve ringrazio, caro; co averò bisogno, ve pregherò.

Arlecchino. A proposito, ogni do zorni parte la diligenza; vorla che vada a veder se ghe xe tre boni loghi per ela?

Pantalone. (Mo el xe un gran tormento costù!)

Arlecchino. Se no la vol andar colla diligenza, l'anderà col cocchio.