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420 ATTO SECONDO

Candida. Andate via, e in casa nostra non ardite più di mettervi il piede.

Giannina. Come! A me quest’affronto?

Candida. Che affronto! Siete un’indegna, e non deggio e non posso più tollerarvi. (entra nel palazzina)

Geltruda. (È un poco troppo veramente).

Giannina. (Io resto di sasso!) Signora Geltruda...

Geltruda. Mi dispiace della mortificazione che avete provata, ma mia nipote è una giovane di giudizio, e se vi ha trattata male, avrà le sue ragioni per farlo.

Giannina. Che ragioni può avere? Mi maraviglio di lei. (forte)

Geltruda. Ehi, portate rispetto. Non alzate la voce.

Giannina. Voglio andare a giustificarmi... (in atto di partire)

Geltruda. No no, fermatevi. Ora non serve, lo farete poi.

Giannina. Ed io le dico che voglio andare adesso. (vuol andare)

Geltruda. Non ardirete di passare per questa porta. (si mette sulla porta)

SCENA X.

Conte e Barone dallo speciale, per andar al palazzino, e dette.

Conte. Andiamo, andiamo.

Barone. Ci verrò per forza.

Geltruda. Impertinente! (a Giannina; poi entra e chiude la porta nell'atto che si presentano il Conte ed il Barone, non veduti da lei.)

Giannina. (Arrabbiata s’allontana e smania.)

Conte. (Resta senza parlare, guardando la porta.)

Barone. Come, ci chiude la porta in faccia?

Conte. In faccia? Non è possibile.

Barone. Non è possibile? Non è possibile quel ch’è di fatto?

Giannina. A me un affronto? (da sè, passeggiando e fremendo)

Conte. Andiamo a battere, a vedere, a sentire. (al Barone)

Giannina. (S’entrano essi, entrerò ancor io).