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IL VENTAGLIO 421

Barone. No, fermatevi, non ne vo’ saper altro. Non voglio espormi a novelli insulti. Mi son servito di voi male a proposito. V’hanno deriso voi, ed hanno posto in ridicolo me per cagion vostra.

Conte. Che maniera di parlare è codesta? (si scalda)

Barone. E ne voglio soddisfazione.

Conte. Da chi?

Barone. Da voi.

Conte. Come?

Barone. Colla spada alla mano.

Conte. Colla spada? Sono vent’anni che sono in questo villaggio, e che non adopero più la spada.

Barone. Colla pistola dunque.

Conte. Sì, colle pistole. Anderò a prendere le mie pistole, (vuol partire)

Barone. No, fermatevi. Eccone due. Una per voi e una per me. (le tira di saccoccia)

Giannina. Pistole? Ehi gente. Aiuto. Pistole. Si ammazzano. (corre in casa)

Conte. (Imbarazzato.)

SCENA XI.

Geltruda sulla terrazza, e detti; poi Limoncino e Tognino.

Geltruda. Signori miei, cos’è questa novità?

Conte. Perchè ci avete serrata la porta in faccia? (a Geltruda)

Geltruda. Io? Scusatemi. Non sono capace di un’azione villana con chi che sia. Molto meno con voi e col signor Barone, che si degna di favorir mia nipote.

Conte. Sentite. (al Barone)

Barone. Ma signora mia, nell’atto che volevamo venir da voi, ci è stata serrata la porta in faccia.

Geltruda. Vi protesto che non vi aveva veduti, ed ho serrato la porta per impedire che non entrasse quella scioccherella di Giannina.