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Nel 1909, la Baldanello, in compagnia propria, recita l’11 gennaio il Ventaglio a Trieste per i danneggiati del disastro di Messina. Esecuzione sbiadita, avverte Giulio Piazza, causa la scarsa preparazione. Tuttavia ebbero applausi la Baldanello, Griselda Monti e il Bratti. Poco pubblico (cfr. Il Piccolo, 12 gennaio 1909).

Nel 1913, il 3 gennaio, al Garibaldi di Padova la Comp. Zago. L’avviso di questa recita porta qual motto, attribuendolo erroneamente al Goldoni, un enfatico fervorino relativo al Ventaglio di conio modernissimo.

A un lavoro che senza peculiari esigenze all’abilità di singoli, offre modo a tutti gl’interpreti (ben quattordici!) di farsi valere, le simpatie dei filodrammatici non potevano mancare. C’è sì la difficoltà dell’affiatamento. Ma le prove, tanto ostiche a qualche comico di mestiere, formano uno dei più forti allettamenti per la balda gioventù che del recitare fa il proprio diletto. Se non la prima, una delle prime recite filodrammatiche del Ventaglio fu certo quella dell’Accademia del Teatro Nazionale (già Ducale) di Modena il 1° dicembre del 1798 (Gandini, Cronistoria dei Teatri di M., 1873, voi. II, p. 60). La stessa fonte registra l’8 febbraio 1823 un’altra esecuzione della commedia con la nota «recitata assai bene dai Dilettanti Filodrammatici» (ibid., p. 157).

Giovanni Martinazzi dell’Accademia dei Filo-drammatici di Milano ne ricorda una il 14 marzo del 183 (Cenni storici, ecc., Mil., 1879, p. 134); una per l’anno sociale 1835-1836 l’anonimo cronista [Hermet] della Filarmonico-Drammatica di Trieste (Memorie, ecc., Trieste, 1884, p. 29); ben tre dell’Accademia Filodrammatica Romana per gli anni 1841, 1856, 1861 il Prinzivalli [Memorie ecc. Terni, 1888, pp. 64, 135, 189]. Nelle due ultime recitò Clotilde Vitaliani che fu anche in arte e appartenne prima e poi - scrive il Rasi - «acclamatissima, alle più chiare e signorili filodrammatiche di Roma» (vol. II, p. 689).

L’11 maggio 1875 l’Accademia Filodrammatica Bolognese recitò il Ventaglio al Teatro Brunetti a beneficio della sottoscrizione per un monumento a Goldoni [a Venezia]. Dopo il secondo atto Crespino, lasciato «in camerino il martello, la lesina e il grembial», disse un garbatissimo monologo di Enrico Panzacchi (Intermezzo al «Ventaglio», Bologna, Soc. Tip. dei compositori, 1875; ristampato nel Carlo Goldoni dal Perino [Roma 1893] e altrove). Il poeta accenna alla venuta del Nostro a Bologna, ove ambiva di far valere la sua riforma, e la sintetizza ed esalta in questi versi:

     . . . . . . . Misurata d’un guardo
     La via lunga, aspra, dubbia, eccolo con gagliardo
     Proponimento all’opra; e per correr più lesto
     Getta alle prime ortiche la toga ed il digesto.
     Poi, con la turba innumera de’ ciuchi e de’ buffoni.
     Qua renitenti zingari, là dotti bertuccioni,
     Qua Rosaure svenevoli, Florindi puntigliosi.
     Là critici saccenti, e rivali invidiosi.
     Con tutti in una volta, calmo, ardito e beffardo
     Comincerà una zuffa da disgradar Baiardo;
     E l’itala commedia, deposto il saio vile,
     Riprenderà la veste del secolo civile.
     Ritornerà sul palco bella, ringiovanita.
     Specchio giocondo, ingenuo, dei tempi e della vita.