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512 ATTO SECONDO

Doralice. Voi m’insultate, ed io non son fatta per tollerare gl’insulti.

Roberto. So che con una donna dovrei moderare la collera, so che dovrei abbandonarvi senza parlare. Ma sono acciecato dalla passione, da una passione concepita per voi, non so come, e che è maltrattata1 dalla vostra perfidia....

Doralice. Signore, vi sarebbe pericolo che v’ingannaste? Mi prendereste voi per un’altra?

Roberto. No, no, conosco il vostro carattere; mi è stato dipinto bastantemente, e sono inutili le vostre scuse.

Doralice. Ma è necessario che voi sappiate....

Roberto. Non vo’ saper d’avvantaggio.

Doralice. Che non sono quella altrimenti....

SCENA XVI.

Lisetta e detti.

Lisetta. E bene, signore, che cosa dite voi di Filippo?....

Roberto. Dico ch’egli è un indegno, ch’egli ha innamorato, ch’egli ha sedotto questa signora2 (accennando Doralice) e che se voi aveste riputazione, non soffrireste un oltraggio simile sugli occhi vostri. (parte)

Lisetta. (Ah Filippo briccone! ah perfido, scellerato3!)

Doralice. (Me infelice! posso essere più vilipesa di quel ch’io sono?)

Lisetta. E voi, signora mia, siete venuta da casa del diavolo per tormentarmi?

Doralice. Rispettate in me una fanciulla onesta e civile. La figliuola4 di Anselmo Aretusi non soffre di essere insultata da chicchessia.

Lisetta. Se foste onesta e civile....

Doralice. Non vi avanzate più oltre. Se non vi fosse nelle mie camere una francese, a cui vo’5 nascondere questa novella offesa

  1. C. s.: e che maltrattato ecc.
  2. C. s.: ch’egli ha sedotta questa fanciulla.
  3. C. s.: ah perfido! ah scellerato!
  4. C. s.: figlia.
  5. C. s.: vuò.