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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1922, XXI.djvu/176

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170 ATTO TERZO


a costo d’essere una miserabile come sono stata finora, non1 acconsentirò mai a sposarvi, senza l’assenso di vostro padre.

Flaminio. Ma v’ho detto e ridetto, e vi replico nuovamente, che conosco bastantemente mio padre, ch’è docile, ch’è amoroso, che sono il suo unico e il suo caro figlio, che non lascia in tutto di contentarmi, e mi contenterà in questo ancora, e v’abbraccierà qual nuora, e v’amerà come figlia.

Barbara. Ed io, quando sarò assicurata di questo?...

Flaminio. Ma ancora non lo credete?

Barbara. Scusatemi. Ho ragione di dubitarne.

Flaminio. Voi mi fareste dire e fare degli spropositi, delle risoluzioni, delle bestialità...

Barbara. Ma compatitemi. Esaminate bene lo stato vostro; la mia condizione presente...

SCENA XIII.

Tognina e detti.

Tognina. Signora, è una giovane che vi domanda.

Barbara. E chi è?

Tognina. Non so, non l’ho mai veduta.

Barbara. Cosa vuole?

Tognina. Dice che v’ha da parlare.

Barbara. Fatela entrare.

Tognina. Signora, se mai fosse una cameriera, io non credo d’avermi demeritato...

Barbara. No, no, non v’inquietate per questo.

Tognina. (In oggi v’è tanta carestia di pane, che tutti cercano di levarlo al compagno). (da sè, parte)

Flaminio. Vedete cosa vuole, ch’io mi ritirerò.

Barbara. Perchè ritirarvi? Io non ho segreti. È una donna, non vi può dar soggezione.

Flaminio. Cosa vedo? Zelinda? (osservando fra le scene)

Barbara. Zelinda? (voltandosi)

  1. Ed. Zatta: come sono stata fin’ora. Non ecc.