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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1922, XXI.djvu/257

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LE INQUIETUDINI DI ZELINDA 251

Zelinda. (Non è lontano, e non è ancora tornato. Si vede chiaro che non si cura di me, che non si cura più di venir a casa). (da sè)

Flaminio. Ma che avete mai che v’inquieta?

Zelinda. Niente, signore.

Flaminio. Avrei bisogno di parlarvi, e vorrei che mi ascoltaste tranquillamente.

Zelinda. Parlate pure, signore, son qui, v’ascolto. (distratta)

Flaminio. Il mio avvocato ha formato un progetto...

Zelinda. (Una volta non sarebbe uscito di casa senz’abbracciarmi). (da sè)

Flaminio. Ma di grazia, ascoltatemi, che mi preme infinitamente.

Zelinda. V’ascolto, vi dico: in verità, v’ascolto. (distratta)

Flaminio. Sono estremamente agitato fra l’amore ch’io porto alla signora Barbara, e la legge che m’ha imposto mio padre... (si ferma osservando Zelinda)

Zelinda. ((Oh cieli! in casa della signora Barbara v’è una giovane cameriera, che si dice amata da Fabrizio... Questa grand’amicizia di Fabrizio e di mio marito... (da sè, e voltandosi vede don Flaminio incantato) Ma via, signore, seguitate, parlate.

Flaminio. Avete inteso quello ch’ho detto?

Zelinda. Oh, ho inteso tutto.

Flaminio. Mi parete distratta.

Zelinda. Ascolto con attenzione.

Flaminio. Voi sola potreste contribuire alla mia pace, alla mia vera felicità.

Zelinda. (Possibile che Lindoro?...) (da sè)

Flaminio. Oggi dopo pranzo l’avvocato ci aspetta a ventun’ora da lui.

Zelinda. (Non crederei mai che mio marito fosse capace...)

Flaminio. Ascoltate, o non ascoltate?

Zelinda. Ma non sono qui? non v’ascolto?

Flaminio. Sentirete il progetto ch’ei vi farà...

Zelinda. (E pure potrebbe darsi...) (da sè)

Flaminio. Spero che voi sarete per accordarlo, e che vorrete contribuire alla mia vera felicità...