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254 | ATTO SECONDO |
Lindoro. Oppure il signor don Flaminio favorirà di condurvi.
Zelinda. Una volta non avreste detto così. (ironica)
Lindoro. Una volta ero pazzo, ed ora non lo sono più.
Zelinda. (Una volta m’amava, ed ora non m’ama più), (da sè)
Lindoro. (Temo ch’ella conosca, ch’io lo dica per forza). (da sè)
Flaminio. Orsù, cessate di rammentare le cose passate, e consolatevi dello stato vostro presente. Dite, Lindoro, siete stato dalla signora Barbara?
Lindoro. Sì signore, ci sono stato. Ho fatto la commissione di cui m’avete onorato, ed in poche parole l’ho messa al fatto di tutto.
Zelinda. In poche parole? (a Lindoro, affettando indifferenza)
Lindoro. Sì, perchè non mi sono esteso...
Zelinda. E che cosa avete fatto in un’ora che di qui mancate?
Lindoro. Non è un’ora...
Zelinda. Via, in mezz’ora, ho fallato.
Lindoro. Vi dirò. Fabrizio m’ha incaricato di vedere la cameriera. Sapete ch’è la sua innamorata. M’ha pregato di dirle qualche cosa per parte sua.
Zelinda. Ah, siete ora il segretario del signor Fabrizio.
Lindoro. Siamo amici... Vi dà pena questo? Se vi dà pena, non lo farò più.
Zelinda. Pena? Oh figuratevi! Perchè volete che ciò mi dia della pena? Mi credete forse gelosa? Voi non lo siete più, e vorreste che lo fossi io?
Lindoro. Dico bene: mi dispiacerebbe d’avervi attaccata la mia malattia.
Zelinda. La malattia d’una volta.
Lindoro. Ci s’intende. Ora sono guarito.
Zelinda. (Ah questa sua guarigione vuol essere la mia morte). (da sè)
Lindoro. (Ho il cuore attaccato, infermo, incatenato più che mai). (da sè)
Flaminio. Lindoro carissimo, con licenza di vostra moglie, avrei gran bisogno che ritornaste subito dalla signora Barbara.