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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1922, XXI.djvu/469

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CHI LA FA L'ASPETTA 463

Cecilia. Ch’el vaga, se ghe basta l’anemo. (mostrando il cappello)

Bortolo. L’è ch’el vien zoso un’acqua che la consola.

Tonina. Meggio.

Cecilia. Oh che gusto!

SCENA IX.

Riosa e detti.

Riosa. Siora patrona. (affannata)

Tonina. Cossa gh’è?

Riosa. Presto, la vegna in cameron, presto. (affannata)

Tonina. Coss’è sta? (intimorita)

Riosa. La vegna a veder cossa che ha fatto el foletto. (ridendo)

Tonina. Eh va via, matta.

Riosa. Che i vegna, che i vederà. (ridendo e facendo festa)

Tutti. Andemo, andemo.
(Cecilia e Tonino prendono in mezzo Lissandro, Bortolo dà mano a Cattina, Raimondo seguita Riosa, ride, e tutti partono.)

SCENA X.

Camerone illuminato, e colle sedie accomodate per una festa da ballo.

Gasparo in maschera in bautta, e varie maschere che passeggiano. Subito l’orchestra suona con minuetti; poi Tonina, Cecilia e Lissandro senza cappello, Bortolo, Cattina e Raimondo. Entrano tutti maravigliandosi, e Tonina principalmente fa grandi maraviglie battendo le mani come sogliono fare le donne che si meravigliano di qualche cosa, e facendo delle esclamazioni di giubilo. Ah! Ah! Coss’è sta cossa? Gasparo in un canto mascherato, tenendosi ben coperto col tabarro, ride, e se la gode. Tutta questa Pantomima dura una parte di minuetto, poi gl’instrumenti si fermano, e principiano a parlare.

Tonina. Cossa xe sto negozio? Chi xe ste maschere? Coss’è sta zente? (a tutti)

Cecilia. Poveretta! No la sa gnente. (ironica)