Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1923, XXII.djvu/248

Da Wikisource.
240


Leandro. In quel modo?

Costanza. Voi pensate di metterla in un ritiro, ed io so da buona parte, ch’ella ne sarebbe infinitamente mortificata.

Leandro. Nella sua età deve ella disporre di se medesima?

Costanza. No, ella è bastantemente saggia per sottomettersi alla volontà de’ suoi parenti; ma perchè invece non pensate a maritarla?

Leandro. È troppo giovine.

Costanza. Era io men giovane di lei quando ci siam maritati?

Leandro. E bene! deggio io andare di porta in porta per cercarle un marito?

Costanza. Ascoltatemi, e non v’inquietate, vi prego. Parmi, se non m’inganno, essermi accorta che Valerio l’ami, e che egli sia corrisposto.

Leandro. (Da sè) (Oh! quanto mi conviene soffrire!)

Costanza. Voi lo conoscete, vi potrebbe essere per Angelica un partito migliore?

Leandro. (Confuso) Vedremo, ne parleremo.

Costanza. Accordatemi questo piacere, ve lo domando per grazia, permettete ch’io m’interessi in quest’affare, e v’accerto ch’avrò tutta l’attenzione per ben riuscire.

Leandro. (Imbarazzato) Costanza...

Costanza. E bene!

Leandro. Non vi è rimedio, non si può fare assolutamente.

Costanza. No! Perchè mai?

Leandro. Mio zio vi acconsentirà egli?

Costanza. Voglio bene che si rendano a vostro zio tutti gli onori che gli sono dovuti; ma Angelica è vostra rsorella, vive con voi particolarmente, la sua dote è nelle vostre mani; il più ed il meno non dipendono che da voi; lasciate ch’io m’assicuri delle loro intenzioni, e quando tutto sarà concluso, se ne farà parte al vostro rispettabile signor zio.

Leandro. (Con risoluzione) No, no, badate bene di non meschiarvi né poco né molto in quest’affare, che per ora non mi conviene.

Costanza. Come! non vorreste maritare vostra sorella?