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se volesse egli aver la bontà d’incaricarsi delle spese dell’impressione...

Conte. (D’un tuono risoluto) Oibò, non vi è bisogno. Addrizzatevi ad un buon libraio: accordategli il suo profitto: penserà egli a tutto.

Giacinto. Signore, per dirvi la verità, ne ho parlato a più d’uno, e nessuno vuol caricarsene. Non ne trovato che un solo il quale mi ha detto, che se il signor conte di Casteldoro vuol rispondere per me, ne intraprenderà l’edizione per conto mio.

Conte. Come! Mi avete nominato?

Giacinto. Sì, signore. Non ho potuto dispensarmi...

Conte. Avete fatto malissimo. Se si sa ch’io m’interesso in questa commedia, diranno ch’io lo faccio per la lettera dedicatoria, e mi metteranno in ridicolo. Non ne parliamo più, e rimettiamo la cosa ad un momento più fortunato.

Giacinto. Ma, signore...

SCENA III.

Frontino ed i suddetti.

Conte. Ebbene, Frontino, che risposta mi rechi?

Frontino. Mi hanno detto, signore, che madamigella Eleonora sta poco bene.

Conte. Poco bene! ma sarà ella in istato di comparire... Andrò a veder io medesimo. Voi vedete, signore, (a Giacinto) abbiamo una persona ammalata. Non si cenerà più questa sera.(in atto di partire)

Giacinto. Signore, se que’ fogli vi sono inutili...

Conte. Sì, sì, ve li renderò. (in atto di partire)

Giacinto. Vi prego riflettere che mi hanno costato molto tempo e molta fatica.

Conte. (Rendendogli i fogli) Ah! sì. Voi amate il vostro lavoro; vi compatisco: eccoli. Vi ringrazio dell’incomodo che vi siete preso per me. Se posso servirvi in qualche cosa, comandatemi.