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52 ATTO SECONDO

Arlecchino. Via, diseme quel che la contien.

Carlotto. Aspettate. Il carattere è un poco difficile da rilevare. (Corpo del diavolo! Conosco la mano; questa è una lettera di Camilla). (da sè, fremendo)

Arlecchino. Me despiaseria che no savessi lezer. (a Carlotto)

Carlotto. Datemi tempo, e la leggerò. È una donna che scrive. (ad Arlecchino)

Arlecchino. Una donna? (con premura)

Carlotto. Sì, parla di ritratto... dice che vi rimanda il vostro ritratto. L’avete dato a qualcheduna il vostro ritratto?

Arlecchino. Mi no; cossa disela? cossa disela? Disème le precise parole.

Carlotto. Aspettate, perchè il carattere è sì difficile... qui ci si vede poco... bisogna ch’io mi approssimi alla finestra. (si tira da una parte)

Arlecchino. (Chi mai poi esser sta donna che me scrive? Camilla? Chi sa? Se poderave anche dar. Son curiosissimo de saver... e no so lezer! E bisogna che me fida!) (da sè)

Carlotto. Capitatomi nelle mani per accidente il vostro ritratto, ve lo rimando, perchè mi credo indegna di possederlo. (legge da sè piano, che Arlecchino non capisca; ma in maniera che il popolo senta) (Sì, è Camilla che scrive. Non si crede degna di possederlo? Sentiamo il resto). (da sè)

Arlecchino. E ben, cossa dìsela?

Carlotto. Ho rilevato il primo periodo. Ecco cosa dice: Signore, capitatomi nelle mani il vostro ritratto, ve lo rimando, perchè non saprei cosa farne. (ad Arlecchino, cambiando il senso della lettera)

Arlecchino. Cussì la dise? (mortificato)

Carlotto. (Torna a ritirarsi in disparte.)

Arlecchino. (Oh questa è bella! Se no la sa cossa far del mio ritratto, ghe giera bisogno che la me scrivesse una lettera per strapazzarme?) (da sè)

Carlotto. Confesso che la leggiadria del ritratto potrebbe farmi accendere dell’originale. (legge, come sopra) (Bravissima! Ora capisco tutto). (da sè)

Arlecchino. E cussì; gh’è altro?