Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/100

Da Wikisource.
Belisario. Ora mi spoglio (scende

Del regio fasto, e questo soglio io rendo,
Cesare, a te. Ti serbi il ciel pietoso
Sempre lieto e felice. Io già compita
Ho la mia gloria. È temp’ormai che pensi
A gloria più sublime e più sicura.
Cesare, addio, priegoti sol che voglia
Darmi la sposa mia; d’altro non curo.
Antonia. Ecco la tua fedel.
Belisario.   Mia dolce vita,
Teco viver vogl’io; teco morire.
Giustiniano. Deh! non lasciarmi, amico, e sin ch’io viva
Resta meco a regnar.
Teodora.   Pietoso eroe,
Teodora a’ piedi tuoi perdon ti chiede.
Belisario. Augusta, d’ogni oltraggio io già mi scordo;
E fra tante vittorie la più bella
Sarà quella ch’ebb’io sovra il tuo core.
Narsete. Il tuo Narsete umil, signor, s’inchina.
Belisario. Ti stringo al sen, che la tua fede il merta.
Giustiniano. Oh! quanto parleran le storie un giorno
Della virtù di Belisario. Ah! temo,
Che di mia crudeltà parlino ancora.
Belisario. Non lo temer. Diran che fosti giusto
Una colpa a punir per tante false
Prove creduta. Sì, diran ch’io fui
Innocente nel cor, ma reo nel volto.
Le bilance d’Astrea chi regge in mano
Non penetra nel cor; e sempr’è giusto
Colui che delle leggi usa il rigore.


Fine della Tragedia.