Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/99

Da Wikisource.

BELISARIO 97
Questo soglio, di cui la tua virtude

Sempre più ti fa degno. Il nome e il grado
Di Cesare ti rendo. Il buon Narsete
Vada a regger l’Italia; ei ben lo merta.
Belisario. Signor, l’offerta tua già non ricuso;
Guidami al trono tuo.
Giustiniano.   Vieni, che teco (s’accostano al trono
Più superbo n’andrà di sua grandezza1.
Belisario. Se troppo è il chieder mio superbo e ardito,
L’affetto tuo, la tua pietade incolpa.
Di questo don ti priego: a me concedi
Arbitrio di regnar sopra il tuo soglio.
Giustiniano. Tutto nelle tue man io lo ripongo.
Popoli, in questo dì non fia chi nieghi
Obbedienza a lui; depongo anch’io
Lo scettro, e come voi, suddito e servo
Mi rendo, e ad obbedir insegno altrui.
Belisario. Odimi, Giustinian; m’oda Bisanzio: (in trono
Dalla morte vogl’io Teodora assolta.
Questo l’unico sia regio comando,
Che Belisario a’ suoi fedeli impone.
Teodora. Oh pietade inaudita!
Antonia.   (Anima grande!) (da sè
Giustiniano. (Ahi comando fatal!) Pensa, che fai...
Belisario. O s’adempia il mio cenno, o che il tuo dono,
Signor, ti rendo, e sarai meco ingrato.
Narsete. Il popolo consente.
Giustiniano.   E Giustiniano
Tutto vassallo ad obbedir sia il primo2.
Facciasi il tuo volere. E se tu il brami,
Viva Teodora; ma in Antiochia vada,
Nè più vegga il mio volto.

  1. Così il testo.
  2. Così si legge nel testo.