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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/118

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108 ATTO PRIMO

SCENA IV.

Rosmonda, Germondo e soldati.

Germondo. Minaccie al vincitor? Minaccie a quello

Nelle cui man sta la sua vita? Incauto!
Rosmonda, or più del genitor furente
Non ti regge l’orgoglio. In mio potere
Ti guidaro le stelle; e or che siam soli,
Parlar potiam dell’amor nostro antico,
E rinnovar gli affetti e ’l dolce nome
D’amanti tramutare in quel di sposi.
Tu m’oltraggiasti, è ver, tu me dicesti
A torto infido e ti sdegnasti a torto.
Tutto però mi scordo, e tutto io dono
D’una figlia al dover. So che consigli
Questi fur d’Alerico, e so che mi ami.
Rosmonda. No, non ti amo, crudele; a mia vergogna
Ben mi rammento averti amato un giorno,
Ma t’amai quando io ti scorgea nel volto
Qualche segno d’eroe. T’odio, t’abborro,
Or che sei traditor.
Germondo.   Deh questo nome,
Cara, a me non ridir. Quando tradita
Fosti tu da Germondo? Altri ch’amore
Non armò la mia destra. Il troppo amarti
Mi condusse al cimento. Era in arbitrio
Del voler delle stelle il mio destino;
Potea perdere anch’io la vita e il regno.
Io non tramai al tuo german la morte
Dietro un sepolcro; io non cercai vendetta
Con inganno o con frode. In campo armato
Venni e pugnai; la sorte al giusto amica
Decise in mio favor. Dimmi, Rosmonda,
Puoi chiamar mia vittoria un tradimento?