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ROSMONDA 117
Rosmonda. A semplice cotanto or non favelli

Che più dentro non vegga il tuo pensiero.
Fu l’amore il pretesto onde copristi
L’avidità di conquistare un regno.
Germondo. Se tal nutro desio, chi mi consiglia
Le tue nozze a bramar? Discior da’ lacci
Alerico superbo e ceder tutte
Per te sola ottener le mie conquiste?
Rosmonda. Ti consiglia il timor; cauto paventi
Di soverchio irritare i soggiogati
Popoli della Gotia; ora pietade
Mostrando or tenerezza or dolce impero,
Addormenti la plebe, e al nuovo giogo
Avvezzar tenti i cittadini oppressi.
Germondo. Troppo mal pensi, e raccapriccio come
Giunga a tal sottigliezza il tuo pensiero.
Mi puniscan gli Dei, se tai desiri
Nacquer mai nel mio cor. T’amai, ti adoro,
Pugnai per tua cagion, vinsi al tuo nome,
Te sol, bella, desio, tutto ti lascio
E padre e regno, e cittadini e amici.
Rosmonda. Ma il german non mi rendi.
Germondo.   In di lui vece
T’offro il mio core.
Rosmonda.   Io non ricuso il cambio,
Ma strappato dal sen; ma offrirlo io voglio
In olocausto al glorioso, invitto
Simulacro d’Attilio, ond’abbia alfine
Sangue per sangue, e il tuo morir dia pace
All’ombra mesta invendicata, errante.
Germondo. Sì barbara con me? Rosmonda, io voglio
Donar tempo al tuo duol. Pensa, risolvi.
Non ti lasciar dal genitor sedurre.
Vedrai, se dritto miri, esser ingiusto
Contro me tanto sdegno, e se rifletti