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108 ATTO SECONDO

SCENA II.

Cratero con soldati e detto.

Cratero.   A voi, soldati,

Circondate il nemico.
Alerico.   Or ti fia lieve
Trionfar di me che disarmato ho il braccio.
Ah se avessi il mio brando, empi, codardi,
Paghereste col sangue il vostro ardire.
Cratero. Cingete il di lui piè d’aspre catene.
Alerico. Ancor questo di più? Lacci servili
Al re de’ Goti? Ove apprendesti, indegno,
D’un re infelice ad oltraggiare il grado?
Cratero. Non lagnarti di ciò; son di fortuna
Queste usate vicende; e scettro e trono
Son della sorte un dono, e può la sorte
Ritorli a suo piacer. Sol la virtude
È la dote del forte e questa sola
Fra catena servili non avvilisce,
Ma quanto oppressa più, più chiari ostenta
Ad onta di fortuna i raggi suoi.
Alerico. È ver; può un’alma forte ogni sventura
In pace tollerar; ma un’alma offesa
L’onte soffrir non può senza vendetta.
Questi barbari lacci ond’io son cinto,
Sol per questa cagion duri mi sono.
Il mio regno darei, darei mia vita
Per lo solo piacer di vendicarmi.
Cratero. Vano è ormai tal desio. Sei vinto e oppresso,
E di vendetta or tu favelli invano.
Vieni al tuo vincitor.