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ROSMONDA 127
Brama il mio core e ridonarti il regno.

Ingrata! tu sai pur quanto mi offese
L’ingrato padre tuo. Sai pur se m’odia,
Se tradirmi tentò. Fosti tu stessa
De’ tradimenti suoi complice ancora.
Sai ch’alla tua beltà, sai che all’ardente
Desio di possederti i torti e l’onte
Donai, e l’ira mia posi in obblio;
Che volete di più?
Alerico.   Voglio il tuo sangue.
Germondo. E spargere il mio sangue io non ricuso
Per placar l’ira vostra; a me sol basta
Che Rosmonda mel chieda.
Rosmonda.   (A qual cimento
Prepararmi degg’io?) (da sè
Germondo.   Se cuore avesti (a Rosmonda
Di bramar la mia morte, usa lo stesso
Ardir nell’eseguirla. In faccia mia
I tuoi sdegni raccendi:1 a che t’arresti?
Non mi guardi? ammutisci? È forse questo
Per cui tingi le gote e il ciglio abbassi
Un moto di pietade? Il mio sembiante
Ti desta forse a tenerezza il core?
Rosmonda. (Oh Dei, morir mi sento!) (da sè
Alerico.   Empio, t’inganni;
Non è capace di Rosmonda il seno
Di dannevol pietà. L’illustre sangue
Ch’ella serba fastosa entro le vene
È una parte del mio, nè può la figlia
L’onte non rammentar del padre offeso.
Germondo. Perchè dunque tacer? perchè Rosmonda,
La mia morte non chiedi? A un sol tuo cenno
Mi vedrai al tuo piè. Sol che tu dica:

  1. Nel testo c’è la sola virgola.