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ROSMONDA 129
Lusingar mi lasciai: stolto chi crede

Di donna vil ai detti. Oh! quanto mai
È diverso dal labbro il cuor profondo!
Rimanti pure al tuo diletto appresso...
Arrossisco in mirarti... Non mi curo
Di te: t’odio, t’abborro, e la vendetta
Otterrò senza te. Sentimi, indegna;
Non osar più di rimirarmi in volto,
Padre non m’appellar; son tuo nemico. (parte

SCENA VI.

Rosmonda e Germondo.

Rosmonda. Fermati, ascolta, oh Dio!...

Germondo.   Lascia, Rosmonda,
Lascia che parta il genitor severo.
Tu mi ami e l’amor tuo copri di sdegno
Per esser grata a lui. Ben me n’avvidi,
Ti provai, ti convinsi. Or più non giova
Simular il tuo foco. Idolo mio,
Pace, pace fra noi. Torniamo, o cara,
A unir l’anime nostre, e duri eterna
Di reciproco amor l’ignea radice.
Rosmonda. (Pur troppo è ver che della fiamma antica
Vive qualche scintilla entro al mio seno). (da sè
Amor? amore in me? Non fìa, t’inganni.
Io capace d’amor per te non sono.
Quel pianto, (ahi mio rossor!) quel pianto ch’io
Dalle luci versai, non fu pietade
Che a tuo favor nel seno mio parlasse.
Germondo. Dunque che fu?
Rosmonda.   Nel riveder quel ferro
Che dal petto di Attilio il sangue trasse,
Tutta l’alma si scosse, e le pupille