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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/137

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ROSMONDA 135
Alvida. Alvida è il nome mio,

Di Cratero germana, e di Germondo
Tenera amante un tempo ed or nemica.
Alerico. Come l’affetto tuo cangiasti in sdegno?
Alvida. Costante crudeltà consuma amore.
Alerico. L’amasti dunque?
Alvida.   L’adorai, ma invano.
Alerico. Or non l’ami?
Alvida.   L’abborro.
Alerico.   E i tuoi disprezzi
Vendicar non procuri?
Alvida.   Il tempo aspetto
Opportuno al disegno.
Alerico.   Invan l’aspetti,
Se perdendo lo vai. Prendi, ecco un ferro;
Passa il barbaro sen; versa quel sangue
Ch’hanno a sdegno gli Dei. Le mie vendette,
Prode, unisci alle tue. Femmina inerme,
Non sospetta al superbo, al fianco suo
Accostarti potrai; non avvilirti
All’aspetto real, ch’un traditore
Usurpa e sfregia il sacro nome e il grado.
Non temer de’ custodi; odia ciascuno
Il barbaro sovrano, e il fatal colpo
Lieto ognun mirerà. Vanne, ferisci,
Svena, atterra il fellone, e se costare
Ti dovesse la vita un tal cimento,
Non ti arrestar perciò, che la vendetta
Rende bello di morte il ceffo orrendo.
Alvida. O saggio re, di miglior sorte degno,
Passi alle mie dalle tue mani il ferro.
(prende lo stile di Alerico
L’onte comuni a vendicare io sola
Non tarderò. Faccia di me il destino
Tutto il peggio ch’ei può. Morrò contenta,