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ROSMONDA 143
La tua fortezza a sofferir costante

L’ira fatal d’un vilipeso amore.
Sarà scopo primiero all’ire mie
L’empio tuo genitor. S’ei ti consiglia
A insana ferità, provi egli stesso
De’ rei consigli il miserabil frutto.
Alerico morrà.
Rosmonda.   Numi, che ascolto?
Alerico morrà? Dove apprendesti
Questa barbara legge? Io son la rea,
Io quella son che ti disprezza e irrita,
E l’innocente genitor la pena
Dee sopportar?
Germondo.   Come? Innocente chiami
De’ tuoi barbari sdegni il padre tuo?
Non li fomenta forse e non calpesta
Fiero la mia pietade? Il voglio estinto.
Rosmonda. E tu dici d’amarmi? E meco vanti
Tanto amor, tanta fè? Come la figlia
Amar può mai chi il genitor le uccide?
Germondo. Ah Rosmonda, se amata io non t’avessi,
Non vivrebbe Alerico. Il suo furore
Provocò l’ira mia; la tua bellezza
Disarmò il mio rigor. Ma più non soffre
Oltraggiosi disprezzi il mio decoro.
Tempo è omai ch’a pietà chiuda l’orecchio,
E sol le voci di giustizia ascolti.
Rosmonda. Risolvesti, crudele?
Germondo.   Ho risoluto...
Ma tu, bella Rosmonda... ancor potresti
Farmi cangiar, e nel flessibil core
All’usata clemenza aprire il varco.
Tu puoi salvar il genitor; decidi.
Rosmonda. A qual prezzo, signor, m’offri un tal dono?
Germondo. Dammi la destra e il genitor ti rendo.