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154 ATTO QUINTO
Tollerar non potevo.

Cratero.   (Oh mio rossore!
Qual germana mi dier l’inique stelle?)
Stenone. Sire, col mio valor...
Germondo.   Del tuo valore
Ebbi prove bastanti; anima indegna!
Zelo fu del mio amor che ti condusse
Rosmonda a insidiar? Troppo sai l’arte
Del simular. Non ti conobbi in volto
Un’ombra di timor. Non penò il labbro
A proferir menzogna. Ah, più spavento
Mi fa il tuo cor che mille spade.
Stenone.   Oh stelle!
Che non fa, che non tenta amore in petto?
Che non puote il suo foco?
Germondo.   Io vuo’ un esempio
Ai delitti d’amor lasciare al mondo.
Olà, l’empio s’arresti; indi al supplizio
Traggasi e mora.
Stenone.   Ah, della morte il ceffo
Non mi spaventa. La memoria infausta
D’aver amato di fierezza un mostro
D’orror m’ingombra e di tormento il seno.
Empia donna, morrò. Ma furia errante
T’agiterò co’ sdegni miei fin tanto
Che stanco il ciel di sofferirti in terra,
Te meco tragga ad infestar l’abisso.
(parte fra soldati

SCENA III.

Germondo, Alvida, Cratero e guardie.

Germondo. E tu, donna spietata...

Cratero.   Ah sire, in essa
Il mio sangue ravvisa. Io sudai tanto