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ROSMONDA 169
Cratero.   (Ecco d’amore

La follia, la baldanza). (da sè
Germondo.   Ah non volere
Sparger, Alvida, i tuoi sospiri al vento.
Scorda me che non t’amo. Ama chi t’ama,
Il tuo fato seconda; alfin Stenone
Degno è di te.
Alvida.   Degno di me quell’empio?
Non conosci il suo cor. Di tradimenti
Ha capace il desio, se non il braccio.
Se un codardo tu cerchi, in lui lo trovi;
Se un infido tu brami, in lui lo vedi.
Stenone. Che ti feci, crudel, per meritarmi
Così ingrata mercè?
Alvida.   Merta il mio sdegno
Quel che far non sapesti. Un mio comando,
Vili, ti spaventa e mi domandi affetto?
Va ch’indegno ne sei.
Stenone.   Perfida donna,
Amante sol di tradimenti! A prezzo
Dunque solo di colpe amor tu vendi?
Alvida. T’inganni; amata avrei la mia vendetta,
Non l’indegno ministro.
Stenone.   Oh! me infelice,
Che ti credei! Signor, mira a’ tuoi piedi
Un reo di mille morti. Io di Rosmonda
Tentai spargere il sangue; e uscì il comando
Dalle labbra d’Alvida. Ah sì, mi rese
Cieco a tal segno il mio protervo amore:
Puniscimi d’aver prestato orecchio
Alla femmina rea.
Germondo.   Perfidi, entrambi
L’ira mia proverete. E che vi fece
L’infelice Rosmonda?
Alvida.   Una rivale