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LA GRISELDA 203
Qual cagion dunque fia, che franga il nostro

Giusto solenne nodo? Ah sol la morte
Ciò far potrà. Vedrai a tuo rossore
Una sposa real fra boschi errando,
Vedrai, crudo Gualtier... Ma dove mai
Mi trasporta il dolor? Perdona, o caro,
Se ti dissi crudel; non è fierezza
Togliere un dono a chi del dono è indegno.
Soffrirò in pace il mio destin, ma prima
Vo’ vederti una volta, o sposo, o figlio.
Ecco lo sposo. Ah no, tal non mi lice
Chiamarlo. Ecco il mio Re; piacciavi, o stelle,
Che quest’ultima volta io non lo trovi
Rigoroso così. (si ritira un poco
Gualtiero. Care sembianze,
(guardando un ritratto
Quanta pace recate al seno mio.
Griselda. (Parla forse di me). Signor. (si avanza
Gualtiero. Griselda,
Nella Reggia tu ancora? E non partisti?
Griselda. Parto, amato mio Re, torno alle selve,
Ma prima di partir bramai vederti,
Vagheggiarti bramai.
Gualtiero.   Care sembianze,
Quanto mai siete belle!
(guardando parte il ritratto e parte Griselda
Griselda. (E pur mi sembra
Che favelli di me). Signor, se tale
Io mi presento a te, non è che io speri
Più di piacerti ancor. Fu (se mi amasti)
Tua bontà, non mio merto. Io vengo solo
A ricever, Signor, da’ tuoi begli occhi,
Sia pietoso o crudel, l’ultimo sguardo.
Gualtiero. Che! di te mi favelli, ed io credea
Che la nuova mia sposa, e tua sovrana,
T’occupasse il pensier. La vidi, oh quanto