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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/204

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202 ATTO PRIMO
Corrado.   Regge, o Roberto,

Gli umani eventi il ciel: soffri più forte
L’alto voler, nè t’attristar cotanto.
Si compiaccion sovente i santi numi
Farci strada al gioir col dolor nostro.
Roberto. Che mi vai lusingando? Oronta è il solo
Diletto del cor mio; già l’ho perduta;
Altro ben non mi resta, e non mi lice
Sperarlo più.
Corrado.   German, m’ascolta, e taci.
Lieto sarai pria che tramonti il giorno. (parte
Roberto. A lui presterò fede? Ahimè, sì chiara
E la perdita mia, che il dubitarne
Sarebbe inganno. Al regio sguardo ahi troppo
Piacque per mio dolor la bella Oronta,
Ed a chi mai non piaceria quel volto?
Sol per mio mal le stelle, idolo amato,
Fecer me così amante e te sì bella.
Ah, che privo di pace e di conforto,
In dubbia speme, a certo mal men vivo.
Lusingarmi vorrei, ma il cor mi dice
Che al mio tormento ogni speranza è vana. (parte

SCENA VII.

Stanze Reali.

Griselda e poi Gualtiero.

Griselda. Dov’è Io sposo mio, dov’è il mio figlio?

Ad onta del destin perder non posso
Il bel nome di madre e quel di sposa.
Sì, tra le selve ancor dove mi scacci,
Troppo crudo Gualtier, sarò tua moglie;
L’indissolubil nodo onde congiunte
Furon l’anime nostre, ai numi in faccia
Franger senza cagion non è permesso.