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250 ATTO TERZO
Del talamo custode? E che ti cale,

Ch’abbia Oronta gentil più d’un amante
Che divida il suo cuor, che ami a sua voglia
O Roberto, o Gualtier?
Griselda.   Ne ami anche cento,
S’è contento Gualtier, m’accheto anch’io.
Oronta. (Che intendo io mai!) (da sè
Roberto.   (Che mai sperare io posso!)
Gualtiero. Udisti? (a Griselda
Griselda.   Udii; ma ti sovvenga, o Sire,
Che son l’opre de’ re leggi a’ vassalli,
Che troppo tristo è per natura il mondo,
E che se aggiungi al rio costume odierno
Il tuo esempio, o Signor, vedrai fra poco
Rapir le spose, i talami traditi,
E la fè coniugal mandata in bando.
Gualtiero. Troppo dicesti ormai; e col tuo labbro
Troppo, femmina vile, Oronta offendi.
Ti sovvenga il suo grado.
Griselda.   È di regina.
Gualtiero. Ti sovvenga il tuo uffizio.
Griselda.   Egli è d’ancella.
Gualtiero. E se tal per altrui arder la miri...
Griselda. Cieche avrò le pupille.
Gualtiero.   E se la senti
Favellare d’amor...
Griselda.   Sordo l’udito.
Gualtiero. E se sugli occhi tuoi fia che a Roberto
Scopra talor dell’amor suo l’ardore,
Non trasgredir le leggi, e servi, e taci.
Griselda. L’alte tue leggi adempirò qual deggio,
Sofferendo e tacendo; e qual tu sei,
Cieca e sorda sarò. Seguite pure,
Felicissimi amanti, il vostro gioco;
Non temete di me, che se il Re tace,