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252 ATTO TERZO
Roberto.   Io dunque resto.

Oronta. Dunque amarti risolvo.
Roberto.   E giuro a’ numi
Di morir, idol mio, pria di lasciarti. (parte
Oronta. D’una sì bella fè, d’un tanto amore
Sieguo l’esempio anch’io. Può ben la sorte
Far ch’io non viva più, non ch’io non t’ami.
Ah no, che dici, sconsigliata Oronta?
Tu consorte a Gualtier tradir lo sposo?
Ma tu potrai del tuo Roberto accesa
L’amante abbandonar? Leggi tiranne
Di dovere e d’amor, voi mi rendete
Confusa, incerta, e non sa darmi il core,
Fra gli opposti pensieri, il suo consiglio. (parte

SCENA VIII.

Atrio con trono.

Griselda, guardie; poi Roberto ed Oronta.

Griselda. Ite, ministri, e accelerando andate

L’apparato e la pompa; in dì sì lieto
Esultino i vassalli, e più giuliva
Del suo signor serva la Reggia al cenno.
È legge del mio Re, ch’io stessa affretti
L’apparato festoso, e che superba
Colla tragedia mia renda la scena.
Itene dunque, e siansi queste stanze
Preparate alle nozze. Ivi Gualtiero
S’assiederà colla sua sposa, ed io
Custode veglierò nel suo riposo.
Là Gualtier gioirà fra’ suoi contenti,
Ed io qui piangerò le mie sciagure;
Ma no, che il pianto ei mi divieta, e vuole
Che asconda il mio dolor. Sì, asconderollo