Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/280

Da Wikisource.
276

piacere l’universale invaso dall’allettamento di questa favola, moderandone l’empietà e il mal costume, e di quelle infinite scioccherie spogliandola, che vergogna recavano alle nostre Scene. Se prima era una buffoneria la morte di Don Giovanni, se ridere facevano anche i Demoni, che tra le fiamme lo circondavano, ora è una cosa seria il di lui gastigo, e in tal punto ed in tal modo succede, che può destare il terrore ed il pentimento in chi di Don Giovanni una copia in se medesimo riconoscesse.

Per questa ragione ho io intitolata una tale Commedia il Dissoluto; non potea intitolarla Il Convitato di Pietra; non avendo io l’abilità di fare intervenire ai conviti le statue. Il Protagonista è Don Giovanni, sopra di lui la peripezia va a cadere, il suo carattere è Dissoluto, le operazioni sue per tutta la favola non sono che dissolutezze, ragionevolmente mi pare adunque che un cotal titolo gli convenga.

Piacquemi di scrivere cotal Commedia in versi anzichè in prosa, per quella ragione che giudico io possa avere indotto a fare lo stesso Tommaso Cornelio. I sentimenti poco onesti, e le massime temerarie, le pericolose proposizioni, in prosa feriscono più facilmente l’orecchio degli uditori, e per dir vero non si può1 senza nausea leggere alcune Scene di Don Giovanni nel Festin de Pierre di Moliere medesimo.

In verso le cose si dicono con un poco più di moderazione, si adoperano delle frasi più caute, delle allegorie più discrete, si possono i Dei nominare, e la Commedia conservando il carattere istesso, prende un’aria meno scorretta, e meno agl’ignoranti pericolosa. Aggiongasi2 che nella Commedia in prosa possono i recitanti arbitrare, e aggiungere a lor piacere delle sconce parole, lo che dai versi viene loro impedito di poter fare, siccome avendole io levate le maschere per il medesimo fine, spero che avrò ottenuto l’intento mio, uniformandomi all’onesto piacere degli uditori discreti, ed alle Cristiane massime di questo Serenissimo pio Governo, che niuna opera lascia correre sulle scene, che riveduta prima non sia, e da ogni scandalo e da ogni disonestà rigorosamente purgata.

  1. Così scrive il Goldoni.
  2. Così nel testo.