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282 ATTO PRIMO

SCENA III.

Il Commendatore e detti.

D. Alfonso. Venite, amico, a consolar chi v’ama.

Commend. Dolce la patria riveder, dolcissimo
Veder gli amici suoi!
(abbracciandosi con don Alfonso
Donn’Anna.   Signor, la mano
Concedete, che umil baciarvi io possa.
(al Commendatore
Commend. Figlia, al seno vi stringo. Oh come lieto
Qui voi rimiro! Io per natura sono
Il padre vostro, è ver; ma per affetto
Quest’amico fedel padre vi è pure.
Signor, de’ Siciliani il fiero orgoglio... (a don Alfonso
D. Alfonso. Lo so, fiaccaste, e ad impetrar perdono
In Castiglia verranno i promotori
Dell’audace congiura. Or di riposo
Uopo averete. Il nostro Re desia
Che pensiate soltanto a custodirvi
Per sicurezza della sua corona.
Commend. Questa è troppa bontà. Merta assai meno,
Chi servendo al suo Re, fa ciò che deve.
D. Alfonso. Ei v’amò sempre, ed or s’accresce in lui
L’amor, siccome in voi s’accresce il merto
Per eternare il nome vostro. Equestre
Statua eriger vi fece, e rese immune
L’atrio onorato dell’illustre marmo.
L’oro voi ricusaste, ed ei di questo
Liberal non vi fu. Reso vi siete
Il più glorioso cavalier, ma insieme
De’ beni di fortuna il men felice.
Commend. A che servono questi? L’uomo saggio
Di poco si contenta. Le ricchezze
Son de’ mortali il più fatal periglio.