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DON GIOVANNI TENORIO 295
Unir dovea le nostre destre amore.

Troppo io l’amava, e mi parea che meno
Corrisposta non fossi: ogni momento
Era eterno al mio cuor. Fremea l’amante
Della tardanza, e quante volte, ingrato,
L’innocente amor mio schernì giurando
Ardere per me sola! Oh quante volte,
Nel dirmi addio, ei si partì piangendo!
Felice io mi credea; ma il traditore
Senza mia colpa, ed in novelli affetti,
Che tardi io seppi, a danno mio perduto,
Furtivo mi lasciò, seco portando
Le sue, le mie promesse, il mio dolore,
La mia speme, il mio cor, la mia vendetta.
Deh voi, signor, d’una tradita amante
Se sentite pietà, la giusta causa
Proteggete, vi prego. AI Re clemente
Sia palese il mio caso, e il traditore,
Se giunge in suo poter, paghi il suo fallo.
Ottavio. Donna Isabella, il caso vostro amaro
Compatisco e compiango. O don Giovanni
Fia vostro sposo; o colla morte, il giuro,
Risarcire dovrà gli oltraggi vostri.
D. Isabella. Voi delle mie sventure una gran parte
Mi togliete dal seno.
Ottavio.   (Un sì bel volto
Non meritava un infedele amante).
Sopra del mio destrier salir potrete.
Altro per me ne serba il mio scudiero
Pochi passi lontano. Andiam, vicina
È la regal città.
D. Isabella.   Sia grato il cielo
A voi per me. Soccorrer gl’infelici
E tal virtù, che l’uom pareggia ai numi. partono