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318 ATTO TERZO
D. Ottavio. (Don Giovanni è confuso).

(da sè, poi va ad introdurre donna Isabella
D. Giovanni.   (Or sì v’è duopo
Di sciolto labbro e coraggioso ardire.
D. Isabella. (Ecco il mio traditor).
D. Giovanni.   Dov’è colei
Che di donna Isabella usurpa il nome?
D. Alfonso. Eccola innanzi a voi.
D. Isabella.   Sì, quella io sono...
D. Giovanni. Perdonate: signor, questi ch’io miro,
Uomo o donna non so, mentisce il nome,
Favole sogna, e può mentire il sesso.
Altro volto leggiadro, altre pupille,
Altra maestà di portamento altero
Serba donna Isabella, altri costumi
Ornano il di lei cuor. Le altrui lusinghe
Vincere non potriano il suo rigore.
Come? donna Isabella in viril spoglia,
Sola fuor della patria, andare in traccia
D’un fuggitivo? Una donzella illustre
Di fresca età, d’onesto amore accesa,
Non ardisce cotanto. Ah se non fosse
Dal vostro aspetto il mentitor difeso,
Lo vorrei di mia man stendere al suolo.
D. Isabella. Ah perfido! Ah crudel! Signor, que’ detti
Son d’un barbaro cuor studiati inganni.
Colpe a colpe raddoppia il traditore,
Moltiplica gl’insulti, e al primo scherno
Ora aggiunge il secondo. Ah non mentisco!
Io son donna Isabella. Egli è lo sposo
Che mi fu destinato, e che spergiuro
Mi abbandonò.
D. Giovanni.   Facile è il dirlo, audace,
Ma provarlo convien; qual testimonio
Addur potrai, che ogni tuo detto approvi?