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DON GIOVANNI TENORIO 351
Elisa.   Giuro...

Carino.   T’accheta.
La tua fede conosco, e ciò ti basti.
D. Alfonso. Non ti lagnar di lui, ma di te stessa,
Se di fede il tuo cuor ti rese indegna.
Elisa. Non per questo morir vogl’io di duolo:
A chi manca beltà, mancan gli amanti.
D. Alfonso. Torna alle selve, e non venir fastosa
A seminar fra i cittadin gli ardori.
Elisa. Oh sì, che sono i cittadini vostri
Innocenti e discreti. Alle mie selve
Tornerò per fuggir la gente trista;
Che mai sedotta m’averia un pastore,
Qual meco fece un cittadin malvagio.
Io de’ nostri pastor conosco il cuore,
E li volgo a mia voglia, e son nell’arte
D’imprigionare i loro cuor maestra.
Ma i cittadini, oimè! son tutti inganni;
E la donna più scaltra ai scaltri amanti
Ceder convien delle menzogne il vanto.
D. Alfonso. Chi crederebbe che sì rio costume
Serpendo andasse fra le selve ancora?
Andianne, amici, e dell’indegno estinto
Il terribile esempio ormai c’insegni,
Che l’uom muore qual visse, e il giusto cielo
Gli empi punisce, e i dissoluti abborre.


Fine della Commedia.