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simo”, “potè scrivere un buon libretto d’opera, ma un dramma mediocre“. Sul capolavoro musicale fra i giudici recenti piacemi ricordare Camille Bellaigue, L’opera mélodique - Mozart, in Revue des deux mondes, 15 XII 1901; G. A. Cesareo, Il Don Giovanni di Mozart, in Fanfulla della domenica, 27 VI 1886; E. Fiorilli, Dal Burlador de Sevilla al Don Giovanni di Mozart, in Marzocco, 27 XI 1910; e A. Della Corte, “Là ci darem la mano...”, nella Stampa di Torino, 23 I 1921). Così anche l’Italia ebbe, all’infuori del teatro dell’arte, il suo Don Giovanni popolare, umile cosa invero, molto lontano certamente dallo spirito religioso spagnolo e dalla potenza drammatica francese, molto povero d’arte letteraria, ma pur leggero e giocondo come Leporello, il nuovo servo, e, benchè volgaruccio, non senza la grazia del Settecento in cui gli toccò nascere.

Poi venne il Romanticismo.

Molto importante la lettera di dedica del Goldoni a S. E. Michele Grimani. Questo patrizio che merita d’essere ricordato nella storia dei teatri veneziani, nacque ai 2 gennaio 1697 nell’avito palazzo di S. Maria Formosa (edificato nel secolo XVI dal famoso cardinale) da Giovanni Carlo e da Maria Pisani. Ebbe tre fratelli, di cui l’uno maggiore d’età, e tre sorelle maritate. Sposò nel gennaio del 1736 Pisana Giustiniani Lolin; e le sue nozze furono cantate con un sonetto e con alcune ottave dal giovane Goldoni (v. Fogli sparsi del Gold. raccolti da A. G. Spinelli, Milano, 1885, p. 178) che pochi mesi dopo prendeva in moglie Nicoletta Connio. - Appartenevano al nobiluomo Grimani due dei quattro più celebri teatri veneziani. Quello di S. Giovanni Grisostomo fu per molto tempo, fin dall’anno 1678 in cui sorse, il primo teatro d’opera di tutta Europa per ampiezza, per ricchezza, per copia di spettacoli, per fama di cantanti; ma nel Settecento decadde dopo alcuni decenni, come era decaduta l’opera seria in Italia, e nel 1747 cominciò ad accogliere le compagnie comiche. Più antico il S. Samuele (1665), dedicato alla commedia, benchè non potesse rivaleggiare col teatro di S. Salvatore o S. Luca, e ammettesse dopo il 1710, alternando, l’opera in musica, specialmente quella di genere buffo che andava prevalendo. - Fin dal 1734 il Goldoni entrò ai servigi del Grimani come assistente, e nel ’36 ottenne la direzione vera e propria dei due teatri, ma lasciò quella del S. Gio. Grisostomo allorchè nel ’41 fu ceduto a una società di gentiluomini; e nella primavera del ’43 abbandonò Venezia.

Crede qualcuno, e non a caso, che nel Prodigo (1739), in quel famoso “Caro vecchio, fe vu” di Momolo (A. I, sc. 2) il commediografo alludesse a S. E. Nel 1747 un incendio distrusse il S. Samuele, ma il teatro fu subito ricostruito e riaperto nella Sensa del ’48; così rinnovato e abbellito parve più adatto alle opere in musica e diventò dall’autunno del 1751 il vero teatro per l’opera buffa o giocosa, superando quello di S. Cassiano. Il Grimani aveva assunto nel ’49 l’abate Chiari quale poeta comico e rivale del Goldoni, ma dopo il carnevale del 1753 il Sacchi, il Vitalba e altri famosi comici abbandonarono la vecchia compagnia Imer e partirono per Lisbona, e il Chiari passava sul teatro di S. Angelo, presso il Medebach. Intanto il Goldoni, mentre attendeva alla riforma della commedia italiana, scriveva pure alcuni drammi giocosi, la più parte musicati da Baldassare Galuppi il Buranello e rappresentati sul teatro di S. Samuele, dove proprio nell’ottobre